FASHIONARY: TYE-DIE.

Negli anni '90 era un must dell’abbigliamento dei figli dei fiori: il Tie-dye, ovvero annodare e tingere; è una tecnica di stampa del tessuto, caratterizzata da un particolare effetto ottenuto con le azioni che il nome stesso suggerisce.
Il risultato che ne consegue è un’originale motivo a contrasto, contraddistinto da disegni sfumati che costituiscono l'elemento tipico di questo tipo di lavaggio. Il tie-dye risale a tempi antichissimi, e insieme ad ornamenti come perline e conchiglie era il modo per decorare lo scarno abbigliamento dei nostri antenati. Il Tie-dye si sviluppò per primo in Giappone durante il periodo Nara e in Cina durante la dinastia T'ang (tutte entro il primo millennio d.C.) grazie alla grande disponibilità di fibre come la seta e la canapa, che venivano tinte con gli estratti di radici, fiori, foglie e bacche. Adire, Plangi, Tritik e Bandhani sono solo alcuni dei nomi con cui questa lavorazione viene chiamata in base alla zona di provenienza ed alla tecnica utilizzata. Verso la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 il tie-dye viene riscoperto in chiave decisamente più psichedelica e colorata, un simbolo del movimento hippy e figli dei fiori, soprattutto americani, che auto producono e personalizzano il proprio abbigliamento con questa tecnica che ben si adatta alla loro idea di libertà e ritorno alla natura. Icone di questo movimento sono state Janis Joplin e Loulou de la Falaise, musa hippy-chic di Yves Saint Laurent. Il tie-dye vestì Woodstock creando un’esplosione di colori e fantasie simbolo di una filosofia che tutti abbracciavano. Oggi questo pattern libero e mutevole si muove nella moda (Alexander Wang SS14\Emilio Pucci SS15) e tra le collezioni tingendo abiti, giacche, accessori, muovendosi dal cotone e la seta per sperimentare nuove applicazioni come la pelle.

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